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Amare i propri figli

I bambini amati diventano adulti che sanno amare

S. Bachrach:

Siamo esseri emotivi che impariamo a pensare, non macchine pensanti che imparano a sentire”.

Le nostre prime esperienze con il mondo segnano il nostro sviluppo emotivo.

Durante l’infanzia, si intreccia una rete che connetterà la nostra mente e il nostro corpo, fattore che determinerà in gran parte lo sviluppo della capacità di provare sentimenti ed amare.

In questo senso, la nostra crescita emotiva dipenderà dai nostri scambi emotivi, che ci insegneranno cosa vedere e cosa non vedere nel mondo emotivo e sociale in cui ci troviamo.

Il campo della nostra infanzia, quindi, ci permette di seminare i semi dell’amore in modo naturale, cosa che permetterà che la capacità di amare ed essere amati cresca in modo sano e ci aiuti a svilupparci.

Se nutriamo i bambini con amore, le paure moriranno di fame

Le dimostrazioni di affetto e tenerezza aumentano l’autostima dei bambini e li aiuta a costruire una personalità emotivamente adattata ed intelligente, ovvero il nostro amore li aiuta a maneggiare le paure che sorgono a seconda dell’età, fomentando un sano grado di sensibilità.

I bambini possiedono una naturale fiducia in se stessi. La persistenza, l’ottimismo, l’automotivazione e l’entusiasmo sono qualità innate, sono gli adulti a minare questa intelligenza emotiva con cui nasciamo tutti.

Renderci conto di questo ci aiuta ad essere coscienti del ruolo così rilevante che ha amare i nostri figli ed educarli al rispetto, all’empatia, all’espressione e comprensione dei sentimenti, al controllo della rabbia, alla capacità di adattamento, alla gentilezza e all’indipendenza.

Cosa possiamo fare per crescere bambini felici e sani?

Tramite l’amore e l’educazione emotiva, fomentiamo certe connessioni neuronali sane, ed otteniamo un’ottimale salute emotiva.

Il fatto che un bambino sia timido per natura, di solito porta gli adulti a concentrarsi su ciò che lo circonda e a proteggerlo eccessivamente, rendendolo ansioso e turbato con il passare del tempo.

Un bambino timido deve imparare a dare un nome alle sue emozioni e ad affrontare ciò che lo turba, non deve sentire che gli tarpiamo le ali perché è vulnerabile.

Un adulto deve mostrarsi empatico senza rafforzare i pianti e le preoccupazioni del bambino, in questo modo gli fornisce nuove sfide socio-emotive che gli permettano di crescere.

Bisogna proteggere la sua salute emotiva tramite lo sviluppo delle sue naturali caratteristiche.

I pilastri di una sana educazione emotiva

1. Aiutare i bambini a parlare delle loro emozioni è un modo per capire se stessi e gli altri, ma le parole rappresentano solo una piccolissima parte, non possiamo limitarci solo alla verbalizzazione, ma dobbiamo anche insegnare loro a capire il significato della postura, delle espressioni facciali, del tono di voce e di qualsiasi tipo di linguaggio corporeo.

2. Da anni si promuove lo sviluppo dell’autostima di un bambino tramite l’elogio e costanti rinforzi, tuttavia, questo può essere dannoso se fatto male. Gli elogi aiuteranno i bambini a sentirsi solo bene con se stessi in relazione a specifici successi e al dominio di nuove attitudini.

3. Lo stress è considerato uno dei grandi nemici dell’infanzia, è un inconveniente con il quale bisogna vivere, proteggerli in eccesso è uno degli errori che possiamo commettere. I bambini devono imparare ad affrontare le naturali difficoltà in modo da sviluppare nuove connessioni neuronali che permettano loro di adattarsi nell’ambiente in cui vivono.

Non possiamo cercare di crescere i figli in un mondo Disney d’innocenza ed ingenuità. Lo stress e l’inquietudine fanno parte del mondo reale e dell’esperienza umana, tanto come l’amore e le attenzioni.

Se cerchiamo di eliminare questi ostacoli, si impedisce di avere l’opportunità di imparare e sviluppare capacità davvero importanti che aiutano ad affrontare ostacoli e delusioni inevitabili nella vita.

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In maniera inconsapevole si può diventare genitori manipolatori.

Genitori manipolatori: confusione tra i bisogni dei figli e i bisogni infantili dei genitori

I genitori dovrebbero essere la fonte di protezione, rassicurazione, accoglienza e amore incondizionato che agiscono per il bene dei figli e favorendone la loro crescita, i genitori devono soddisfare i bisogni dei figli, spingendoli però verso l’acquisizione dell’autonomia.

La coppia genitoriale è composta da due individui distinti, che vivono, agiscono e pensano a seconda del grado di consapevolezza e di maturazione affettiva emotiva che hanno raggiunto.

I genitori sani ed equilibrati che allevano i loro figli amandoli in modo nutriente e responsabile, sono consapevoli dei loro punti di forza e dei loro limiti, sono desiderosi di migliorarsi e di ascoltare i propri figli per garantire loro una vita equilibrata ed emotivamente soddisfacente.

I genitori affetti da problemi psicologici, da nodi esistenziali irrisolti, da dipendenze e da patologie psichiatriche, manifestano ogni giorno nella relazione con i figli il loro disagio sotto forma della manipolazione affettiva.

Essere genitori non implica avere la capacita’ di amare consapevolmente i propri figli; un genitore è colui che genera i figli fisicamente o li adotta ma sono solo le singole persone che attribuiscono un significato autentico a questo ruolo.

Coloro che pur essendo genitori, vivono nella relazione con i figli le loro ferite infantili, si caratterizzano per un alto grado di immaturità che crea un clima emotivamente tossico nella famiglia.

La profonda confusione tra i bisogni dei figli e i bisogni infantili dei genitori che si comportano ancora come bambini con la loro prole, è alla base del processo di manipolazione affettiva che si innesta sul bisogno di accudimento che ogni bambino ha.

Un bambino ha bisogno della presenza e dell’assistenza di almeno un adulto per fare fronte ai propri bisogni, il genitore in quanto adulto deve adeguarsi alle esigenze dei figli e non viceversa.

I bambini hanno bisogno di sentirsi amati, l’amore deve essere manifestato in modo chiaro, non ambiguo, con parole e gesti coerenti tra loro, hanno bisogno di una guida e di protezione, di genitori che mantengono le promesse e danno la possibilità ai figli di esprimere i loro sentimenti negativi e positivi.

Il sentimento più importante che un bambino possa e deve provare è la fiducia in se stesso che affonda le sue basi nell’amore, nell’approvazione dei genitori, nella percezione del proprio corpo e nell’accettazione di sé.

I figli che non si sentono amati, non attribuiscono la mancanza di amore ai genitori ma a se stessi, si sentono in colpa di avere fatto qualcosa che ha portato il genitore ad allontanarsi da loro e si sentiranno inadeguati e non amati.

Pur di ricevere amore un bambino arriva a negare le proprie emozioni, ad adeguarsi a tutti i tipi di richieste dei genitori, riducendosi a mendicare l’amore. Spesso i bambini non amati cercano in ogni modo di rendere felici i genitori, adeguandosi alle loro richieste e modificando il proprio sentire nella speranza di essere riconosciuti, diventando così bambini “adattati”, legati ai genitori solo compiacendoli ed illudendosi attraverso la dipendenza di essere amati.

Questi bambini, molto probabilmente diventeranno adulti che mendicheranno amore e cercheranno l’appagamento emotivo all’esterno, si aspetteranno che i loro bisogni vengano soddisfatti da un’altra persona, nell’attesa di essere continuamente nutriti.

K. Bonatti distingue due tipi di cause all’origine delle ferite emotive di un bambino:

Cause omissive

Si intendono mancanze, assenze, carenza di attenzioni riscontrabili sin dalla nascita, mancanza di cure igieniche che comportano sofferenze e ferite nei bambini. Tra cui: assenza di contatto, calore, carezze, nessun ascolto, poca attenzione, scarso sostegno e nessun riconoscimento del loro valore. Tutto questo crea dei veri “buchi emotivi” che vanno a minare l’autostima del figlio.

Cause commissive

Sono comportamenti di natura violenta sia fisica che psichica. Le violenze psicologiche sono hanno un effetto devastante tanto quanto quelle fisiche. Si denigrano i figli con il sarcasmo, l’ironia, sminuendo i loro obiettivi e sforzi, si puniscono senza coerenza, si fanno paragoni, si riversa su loro la propria insoddisfazione e rabbia.

Tra le cause commissive sono annoverate altri tipi di violenza tra cui le violenze energetiche, quando i bambini non subiscono ne violenza fisica ne psicologica diretta ma vivono in una condizione di terrore costante, minacciati da eventi imprevedibili come quando hanno genitori alcolisti. Sia le cause omissive che quelle commissive sono all’origine della manipolazione affettive e mentali.

Le manipolazioni affettive e mentali sono un tipo di interazioni che hanno lo scopo di influenzare gli altri senza che questi se ne rendano conto. Sono attuate tramite le parole, i comportamenti e gli atteggiamenti, i pensieri e le discussioni” (K. Bonatti).

Nello specifico della relazione genitori-figli la manipolazione è molto facile da mettere in atto perché i bambini sono dipendenti fisicamente ed emotivamente dai genitori ed assorbono tutte le informazioni che provengono da loro senza metterle in discussione ma le considerano una inconfutabile verità anche se contraddetta dai fatti.

Si possono annoverare diverse tipologie di manipolazione:

Manipolazione omissiva: si attualizza attraverso comportamenti omissivi perpetrati dal padre o dalla madre o da entrambi con azioni come il “non dire”o il “non fare” attraverso le quali i genitori conseguono i loro obiettivi svalutativi nei confronti dei figli.

Es.: non coccolare, non ascoltare i figli, interromperli quando parlano, non prendersi cura di se stessi, facendo arrivare ai figli il messaggio che essi non sono così importanti.

Manipolazione commissiva

I genitori mettono in atto tale manipolazione per ottenere un loro tornaconto personale:

Genitori che spingono i figli a sposarsi per avere nipoti, usandoli per dare un senso alla loro vita senza tener conto dei desideri dei figli.

Genitori che inviano messaggi ambigui e ambivalenti ai figli chiedendo due cose opposte, distruggendo così l’autostima dei figli che si sentono incapaci di raggiungere due obiettivi in antitesi.

Genitori che creano rivalità tra i figli, che impediscono il raggiungimento dell’autonomia economica ed affettiva, che criticano le loro scelte del partner.

Manipolazione raffinata

Questo tipo di manipolazione è preceduta da un atteggiamento di generosità e di attenzione per i figli per cui è difficile da riconoscere:

Genitori che garantiscono il benessere ai loro figli pretendono poi che questi li ripaghino soddisfacendo i loro bisogni;

Genitori che confidano ad uno dei figli di essere il preferito il quale poi si sente di non avere il diritto di chiedere altro.

Vittimizzarsi per raggiungere i loro scopi:

Il genitore trascura la propria salute per lamentarsi ed attirare l’attenzione del figlio, chiede aiuto anche per cose che potrebbe fare da solo.

Il vittimismo permette di controllare i figli senza chiedere loro nulla in modo Adulto, diretto, chiedere senza assumersi la responsabilità delle richieste.

Senso di colpa:

E’ il modo principale per controllare i figli e mantenere il potere su di loro facendoli sentire in colpa per qualunque motivo, l’obiettivo ultimo è far si che loro non sentano mai i loro bisogni ma siano sempre sintonizzati su quelli dei genitori.

Manipolazione tramite ricatti affettivi

Tipico esempio di questo tipo di manipolazione è la frase: “se non fai questo mamma o papà non ti vuole più bene”. In questo tipo di manipolazione il genitore si dipinge come un martire e il figlio deve salvarlo in ogni modo per non farlo stare male, compiacendolo completamente e negando i propri bisogni e desideri.

I genitori che adottano questo tipo di manipolazione presentano ai figli il conto di quanto hanno dato loro, per cui i figli sentono che non hanno ricevuto dai genitori in modo incondizionato e si adeguano alla richiesta di restituire quello che hanno ricevuto.

Es. la madre non ha abortito per cui il figlio deve essere grato;

la madre si è sacrificata per cui i figli devono starle vicino;

il padre è infelice per cui i figli devono rendergli la vita più vivibile.

Quando la manipolazione è attuata con un figlio piccolo, questi non sapendo cosa significhi “essere cattivo” ma lo apprende in base al significato che i genitori attribuiscono a questa affermazione, congela le proprie emozioni e si adegua completamente al volere genitoriale per non perdere l’oggetto d’amore.

Quando la manipolazione avviene con i figli adulti, questi a causa del ricatto emotivo, non riescono ad esprimere la rabbia verso i genitori per paura di far loro del male.

Tali dinamiche rimangono sempre uguali anche quando i figli diventano adulti, perché la paura della perdita ha congelato le emozioni al periodo in cui sono avvenute le manipolazioni, per cui le reazioni che gli adulti mettono in atto sono le stesse che adottavano quando erano piccoli.

Oggi parliamo d’amore..

Che si tratti di una cotta estiva, di una relazione appena iniziata o di un rapporto consolidato e duraturo, le persone tendono a parlare indistintamente di “amore”. Ma cos’è l’amore?
In molti hanno provato a descrivere cosa avviene quando ci si innamora, proviamo a partire dall’aspetto più scientifico della questione.
La capacità umana di riconoscimento personale ha prodotto due attitudini specie-specifiche dell’essere umano: l’empatia e l’amore.

Gli studi di Giacomo Rizzolatti sui “neuroni specchio” permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Si attivano non solo quando compiamo un determinato comportamento ma anche quando osserviamo gli altri compierlo.
Nell’uomo l’empatia è una capacità più sviluppata che in qualunque altra specie, questo determina una maggiore attitudine all’amore.

Il nostro sistema nervoso centrale è un circuito a feedback che riceve stabilità ed è regolato da relazioni d’amore: in una relazione amorosa, attraverso lo scambio sincronico delle emozioni, ognuno regola la fisiologia dell’altro e modifica la struttura interna del sistema nervoso centrale.Il legame di coppia rimodella l’architettura del cervello: negli innamorati ad esempio, così come nelle donne in gravidanza, i neuroni diventano più grandi così da consentire una maggior comprensione degli stati emotivi dell’altro. Negli innamorati si attivano neuroni specchio di fronte alle emozioni del partner in aree del cervello simili a quelle in cui si attivano i neuroni delle madri di fronte alle emozioni dei figli.

Siamo macchine perfette pensate per amare e avere relazioni sociali.

La chimica dell’amore: in quale fase ti trovi?

Per capire cosa accade, bisogna comprendere che quel che genericamente definiamo col termine di “amore” è in realtà il frutto di differenti fasi che un rapporto attraversa, a partire dal corteggiamento. Gli studi neurofisiologici hanno confermato che nelle prime fasi del processo amoroso, nella fase del corteggiamento, vi sono esperienze uniche riconducibili a particolari neurotrasmettitori.

Ecco dunque che mentre chiacchieriamo e sorridiamo durante il nostro primo incontro con il nostro corteggiatore, se lui ci piace, il nostro mesencefalo – l’area cerebrale che controlla i riflessi visivi e uditivi – inizia a rilasciare dopamina, un neurotrasmettitore che produce piacere ed euforia. E così, mentre iniziamo a sentire quella piacevole sensazione di appagamento, l’ipotalamo comanda al nostro corpo di inviare segnali di attrazione e di piacere.

Dopo il primo incontro..

Col proseguire del rapporto il desiderio e l’eccitazione aumentano così come i livelli di dopamina. L’effetto è quello di voler passare più tempo possibile insieme alla persona, nella quale si cerca di individuare quelle caratteristiche che possono farla diventare “il partner della nostra vita”. Si sceglie qualcuno nel quale si individua la disponibilità a funzionare poi come colui che può proteggere, confortare, colui che può diventare un buon genitore per i nostri figli.

Se la persona è quella giusta, via via che il rapporto si approfondisce, incontro dopo incontro, si passa all’innamoramento. In questa fase si ha l’innalzamento dell’eccitazione mediato dall’aumento di altri due neurotrasmettitori legati alla dopamina, come la noradrenalina e la feniletilamina, che provocano insonnia, riduzione dell’appetito, quel senso di energia sconfinata che fa sentire invincibili. In questa fase emergono però progressivamente anche comportamenti che hanno un effetto calmante: si parla al proprio partner con il “baby-talk” dandosi nomignoli, ci si rapporta a lui con tenerezza e i comportamenti sembrano svolgersi all’unisono.

L’ipotalamo nel frattempo stimola la produzione di ossitocina, normalmente nota come “ormone dell’amore”. Avete presente quella meravigliosa sensazione che si prova quando si sente forte piacere nello stare con la persona amata? quella spinta incredibile a prenderci cura dell’altro?

Il suo agire infatti coinvolge tutte le funzioni proprie dell’amore: viene rilasciata durante l’orgasmo così come durante il parto e l’allattamento, facilitando la creazione ed il mantenimento di legami emozionali tra i partner e con la prole; la sua secrezione è stimolata meccanicamente da ogni stimolo attuato sugli organi sessuali e sul seno, ma anche dalla vista, la voce e persino il pensiero dell’oggetto di amore. L’ossitocina produce dunque un forte senso di gratificazione emotiva e piacere fisico, che stimola sentimenti di tenerezza e calore, favorendo il mantenimento del legame amoroso e l’accudimento.

Durante l’orgasmo non viene rilasciata solo ossitocina, ma anche vasopressina, ovvero un neurotrasmettitore che non dà solo una sensazione di calma e appagamento, ma è anche collegato alla memoria e dà il senso della “territorialità”. La gelosia che si prova nei confronti del partner infatti è dovuta a questi due ormoni e in particolare alla vasopressina, che spinge alla fedeltà e alla monogamia.
Entrambi gli ormoni vengono rilasciati in seguito all’attività sessuale che, non a caso, nelle prime fasi del rapporto, soprattutto in quella definita come “fase del corteggiamento e dell’innamoramento”, è molto frequente.

E dopo l’orgasmo..

E’ a questo punto che c’è il rilascio di endorfine e si prova piacere a coccolarsi e a stare vicini. Accade così che il contatto fisico favorisce il legame sentimentale e viceversa, in una spirale virtuosa che rinsalda il legame stesso.
E’ in questa fase che si cerca di verificare fino a che punto quel partner sarà adeguato per noi e si porrà come il nostro “rifugio” in caso di bisogno: è in grado di supportarci se stiamo male? è in grado di capire le nostre necessità emotive? La maggior parte delle coppie sta insieme più per questa sensazione che i due partner si danno vicendevolmente che per altro, la sensazione di “esserci” in caso di necessità, di saper capire le emozioni dell’altro.

Dopo un periodo che oscilla dai 18 ai 30 mesi dall’inizio della relazione però, il cervello si è assuefatto alle fenilanfetamine e inizia a non reagire più come prima, iniziando a produrre endorfine dalle quali deriva una sorta di “condizionamento dal partner“: il partner è colui che toglie la tensione, che ci fa sentire tranquilli e ci fa sentire “al sicuro”. Ecco che possiamo dunque considerare finita la fase dell’innamoramento e iniziata la fase di amore vero e proprio.

L’innamoramento non è però solo un insieme di emozioni, di sensazioni, di percezioni, di impulsi come appare dagli studi neurofisiologici, ma un complesso processo in cui due individui entrano in relazione, si trasformano e creano una nuova società e un nuovo progetto di vita.

tipi di amore sternberg

Bisogna essere in due per ballare il tango”

In inglese si suole dire “It takes two to tango” per indicare che per far funzionare qualcosa entrambe le parti devono darsi da fare. Ma cosa devono fare esattamente?

Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto la psicologia attraverso la teoria elaborata da Robert Sternberg, che individua le possibili configurazioni dell’amore, definendo l’amore completo come il risultato di tre componenti che si collocano ai vertici di un ipotetico triangolo: intimità, passione e decisione/impegno.

La componente intimità si riferisce ai sentimenti di confidenza, affinità, condivisione: determina nella coppia la tendenza a prendersi cura dell’altro, ad aprire all’altro i propri sentimenti.
La componente passione riguarda la fisicità: l’attrazione fisica, il desiderio sessuale.
La componente decisione – impegno è distinta in due aspetti: la decisione consiste nel decidere di amare qualcuno; l’impegno consiste nel mantenere nel tempo la relazione. I due aspetti possono essere disgiunti in quanto non sempre ad uno segue l’altro.
Le combinazioni fra queste tre componenti definiscono 7 forme di amore che rappresentano le relazioni reali possibili.

  • Simpatia (solo intimità): vi è confidenza e senso di unione fra i partner ma senza le caratteristiche della passione e dell’impegno (paragonabile ad una vera e propria amicizia).

  • Infatuazione (solo passione): si basa sull’idealizzazione dell’altro più che sulla sua reale conoscenza, finché si scontra con la realtà.

  • Amore vuoto (solo decisione/impegno): è spesso di rapporti in cui i partner stanno insieme solo per tener fede ad un impegno preso, per motivi pratici, economici, per i figli o la difficoltà di affrontare una separazione.

  • Amore romantico (intimità + passione): si tratta della forma tipica delle grandi storie d’amore letterarie e cinematografiche. Nella realtà, l’amore solo romantico è un amore immaturo.

  • Amore – amicizia (intimità + decisione/impegno): è il caso di quei rapporti consolidati sotto il profilo dell’intimità, in cui la coppia funziona, ma la passione è lentamente sfumata (es. matrimoni bianchi).

  • Amore fatuo (passione + decisione/impegno): l’Impegno è frutto solo della passione senza il sostegno dell’intimità e della conoscenza reciproca. Queste relazioni corrono il rischio di infrangersi appena si trovano a fare i conti con un impegno non sentito.

  • Amore “perfetto” (intimità + passione + decisione/impegno): è l’amore completo che tutti sognano, difficile da raggiungere, ma non impossibile.

L’amore “perfetto”, dice Sternberg, non dura se non alimentando le tre componenti dell’amore: intimità, passione e impegno. Nei diversi momenti della storia d’amore, una componente può prevalere rispetto alle altre, ci si può quindi basare su quelle più solide per rinforzare gli aspetti temporaneamente più fragili, cercando di ritrovare un equilibrio. Mantenere in atto l’amore perfetto non è un compito che ha un inizio e una fine, ma si tratta di un lavoro costante, che dev’essere operato congiuntamente dalla coppia.

Quando ci si tiene dentro troppe cose: il finale di una relazione

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Credo che tutti ci siamo trovati, durante la nostra vita, in un rapporto esaurito o in via di esaurimento. Sono quei rapporti in cui nessuna delle parti prospera, dove, anche se c’è ancora dell’affetto genuino, nella relazione è rimasta troppa poca “musica” e rimane soffocata le possibilità di uno scambio appassionato o significativo (a livello emotivo, intellettuale, sessuale).

Le due persone non nutrono più una curiosità di base l’una verso l’altra o un reale interesse per quello che l’altra potrebbe stare pensando o provando. Non ci sono più conversazioni oneste. Ci si tiene dentro troppe cose. I pensieri e le emozioni più intimi non vengono condivisi, ci si accontenta di mandare avanti un rapporto in modo confortevole per entrambi.

Ci sono poi rapporti che una persona è abbastanza contenta di mantenere entro limiti confortevoli e di vivere con un investimento emotivo blando e sicuro, e che l’altra persona desidera invece ardentemente ravvivare e vivere con passione. Può capitare, in questo tipo di situazioni, che inizialmente una delle due persone tragga profitto dalla relazione ma che, in seguito, il fatto di stare con l’altra soffochi la sua forza vitale.

In altri casi, la sensazione di andare semplicemente alla deriva, di “non andare da nessuna parte insieme”, uccide gradualmente il rapporto. Come dice Woody Allen: “Una relazione è come uno squalo. Deve avanzare costantemente o muore.” Spesso, si comincia a vivere al di fuori di essa quando si perde ogni speranza nel fatto che possa esservi una vita al suo interno, o si inizia a dubitare che vi sia mai stata.

Ma come si arriva a questo punto?

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Come già detto in precedenza, probabilmente, troppe espressioni di sofferenza sono rimaste inascoltate, troppe emozioni non comunicate. Esistono però, altri rapporti, che cominciano ad andare alla deriva perché entrambe le parti hanno tacitamente concordato di non esprimere mai disaccordo nei riguardi dell’altro. Nel tentativo di mantenere buona la relazione non si sono mai concesse alcuna espressione di rabbia. Alcuni dicono: “Abbiamo un rapporto fantastico. Non litighiamo mai”, e negano di avere mai avuto pensieri ed impulsi distruttivi nei confronti del partner, poiché gli sembrano troppo pericolosi anche solo per sentirli. Alla fine, la collera repressa può rendere impossibile sia l’amore, sia il sesso e ovviamente l’intimità.

Nell’analisi transazionale si usa l’espressione “raccolta punti” per indicare il modo in cui le persone accumulano tacitamente rancori nei confronti dei loro partner. A livello superficiale si mostrano affabili nei loro riguardi, ma una volta raccolti punti a sufficienza passano alla “cassa”, chiedendo il divorzio, instaurando una relazione extraconiugale o uscendo dalla porta per non tornare più.

tom e jerry

Quando due persone cercano di ingannare se stesse, aggrappandosi al pensiero che, a parte poche trascurabili noie, entrambe nutrono solo un sentimento d’amore l’una verso l’altra, rivelano una mancanza di volontà o comunque un’incapacità di comprendere la condizione umana.

La realtà, naturalmente, è che dove c’è un amore forte, le inevitabili sofferenze che ci si ritroverà a vivere saranno altrettanto forti, semplicemente in virtù dell’enorme importanza che riveste per entrambe le parti l’altra persona. Se questo dolore non viene espresso e affrontato, può trasformarsi in un muro d’odio.

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E infine ci sono quei rapporti che per quanti sforzi facciamo, per quanto possiamo confrontarci, sono destinati ad esaurirsi perché “semplicemente” l’amore è finito e non resta che accettare la realtà per quel che è, cioè, che la fine è soltanto l’inizio di altro.

Comunicazione nella coppia, cosa non funziona

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1. L’illusione di non comunicare.

La comunicazione non ha un suo opposto, o per meglio dire è impossibile non comunicare. A volte si è troppo oppressi dalla circostanza per trovare la forza di esprimere verbalmente il proprio punto di vista al partner. In questo caso si fugge il dialogo. L’errore è illudersi, in questo modo, di escludere l’altro dal nostro problema, come se il continuo scambio di informazioni peculiare della vita di coppia potesse essere momentaneamente in pausa per poi essere ripreso da dove si era fermato. Non è così. Il nostro ritrarsi comunica all’altro un malessere, poi lui lo elabora in autonomia e se non viene affrontato rischia di venire frainteso. Possiamo posticipare una discussione, se in quel momento non ci sentiamo in grado di sostenerla, ma è molto importante parlarne subito dopo per ripristinare la chiarezza.

2. Incongruenza tra i canali comunicativi.

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A volte la tentazione di dissimulare un’emozione è inevitabile. Tornando un istante all’esempio della minestra, quale messaggio diamo alla nostra compagna dicendo che ciò che ci ha cucinato ci piace tantissimo, ma facendo, mentre lo diciamo, una smorfia disgustata? L’abbiamo detto, questo caso è banale. Però la stessa cosa succede spesso in altri contesti della comunicazione di coppia. Quando cerchiamo di dissimulare il nostro disappunto veniamo quasi sempre traditi dagli aspetti non verbali della comunicazione, il risultato è un messaggio ambiguo che non viene compreso dall’altro. Noi crediamo di essercela cavata con le parole, lui si sta chiedendo il perché di quel tono. Abbiamo detto che dissimulare può essere inevitabile, però dopo è utile ritornare sul discorso, chiarire il proprio punto di vista e mettere un punto al rimuginare del vostro partner.

3. Ironia e sarcasmo.

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Un modo specifico per dissimulare è utilizzare l’ironia e il sarcasmo per esprimere il disappunto, cioè criticare l’altro scherzando. Questa è una modalità di comunicazione molto aggressiva perché non permette al vostro partner di rispondere a tono ma consente solo due scenari. Il primo è la risposta a sua volta ironica o sarcastica, giocata sullo scherzo e non sul contenuto della critica. Entrambi fuggite l’argomento e come abbiamo visto, evitare il confronto porta al rimuginio. L’altro scenario è il tentativo di riportare il discorso sui binari dell’argomentazione. Aver usato l’ironia in questo caso vi protegge perché qualsiasi cosa lui dica potete ribattere che stavate scherzando, scatenando in lui un malsano senso di impotenza.

4. Generalizzare.

Lo stato emotivo influisce il recupero dei ricordi: quando siamo allegri pensiamo più facilmente a bei momenti, quando siamo tristi ci vengono alla mente solo cose negative. Se siamo arrabbiati con il nostro partner sarà facilissimo sciorinare una lista di occasioni in cui lui ci ha deluso per il motivo oggetto di discordia in quel dato momento. Gli diremo probabilmente che lui è così. La verità è che lui non è solo così, si è comportato così in alcune situazioni, ma nell’istante in cui discutete è irrilevante. Non serve a niente accusare qualcuno di essere una persona di un certo tipo, l’oggetto della discussione dev’essere il suo comportamento nella singola circostanza.

5. Squalificazione della comunicazione.

Uno dei problemi più frequenti della comunicazione di coppia è il tentativo di squalificare la comunicazione, invalidando la propria comunicazione o quella dell’altro. Contraddirsi, cambiare argomento o sfiorarlo, dire frasi incoerenti o incomplete, ricorrere a uno stile oscuro o utilizzare manierismi, fraintendere, dare una propria interpretazione letterale alle metafore o un’interpretazione metaforica di un significato letterale. Non dire nulla dicendo qualcosa ci fa apparire disponibili al dialogo, ma così facendo lo stiamo solo rifiutando.

 

Semplice gelosia o patologia?

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La gelosia è un fattore emotivo ambivalente caratterizzato da odio nei confronti della persona amata qualora questa sembri provare interesse per un altro individuo. Entro certi parametri la gelosia non va vissuta come disturbo psichico, il problema insorge quando la gelosia non è determinata da un’effettiva carenza di affetto ma di altri fattori.

La gelosia patologica gelosia pato

insorge anche quando non esistono rivali. Sono connesse a situazioni frustranti presenti e remote. Nell’individuo geloso patologico, tanto forti sono state le frustrazioni passate, tanto estrinseca la gelosia nel rapporto sentimentale.

Delitti Passionali: alivello comportamentale, si è riscontrato che la gelosia passionale può indurre la donna ad uccidere la propria rivale mentre l’uomo la propria amata.

Si può classificare la Gelosia Patologica in quattro Gruppi.

  • Gelosia Proiettiva:   protettivaEsiste un luogo comune che recita “chi tradisce è geloso”, ed è vero, vediamo insieme il perché: la gelosia patologica è una forma di “proiezione” per cui l’individuo geloso attribuisce alla persona che crede di amare le sue personali tendenze all’infedeltà.

  • Gelosia Per Complesso Edipico

  • complesso E’ un complesso non risolto per cui l’individuo proietta sulla persona che crede di amare un attaccamento morboso –geloso– che in realtà avrebbe col genitore. Si verifica uno spostamento dove il soggetto esprime un attaccamento morboso anche nei confronti del partner, quell’attaccamento che ha nei riguardi di un genitore.

  • Gelosia per Aggressività Modificata

  • aggressività Qui l’individuo è inibito ad un’aggressività indiretta, conferisce nel rapporto sentimentale tutte le sue frustrazioni; la gelosia infatti diventa un mezzo necessario per estrinsecare tutta la sua rabbia. A livello comportamentale, ci sono persone apparentemente tranquille che purtroppo diventano violenti dentro le mura domestiche.

  • Gelosia per sovracompensazione. 

  • Tiziano,_The_Miracle_of_the_Jealous_Husband Qui l’individuo compensa una frustrazione inibita dai legami affettivi (ad esempio gelosia verso un fratello minore o maggiore) con una frustrazione reattiva nel rapporto sentimentale. L’esempio classico è dato da un soggetto chiuso e dal temperamento timido, che nel rapporto sentimentale compensa con un atteggiamento fisicamente violento. Questi soggetti sentono il bisogno di usare violenza fisica e trovano nella gelosia il capro espiatorio. Associano il rapporto affettivo di odio/amore per il fratello, con quello ambivalente della gelosia sentimentale.

Ora sorge una domanda leggittima: E’ amore? Assolutamente no. Questi soggetti non sanno amare, riescono solo a distruggere e fare del male a chi gli sta accanto. Il punto è un altro, chi gli sta affianco, è una persona sana?

 

La ricetta per il divorzio? Criticare, disprezzare, stare sulla difensiva, fare ostruzionismo.

Da oltre 40 anni lo psicologo John Gottman strudia i rapporti di coppia, per identificare i comportamenti predittivi di una storia a lungo termine piuttosto che di un imminente divorzio. Secondo Gottman una coppia in cui prevalgono questi 4 elementi è candidata al divorzio in media dopo 6 anni dal matrimonio.

1 . CRITICARE CRITICARE

Lamentarsi a vicenda è una cosa normale e le coppie sposate lo fanno in modo particolare. Tuttavia, c’è uno specifico tipo di critica che Gottman ha identificato come distruttiva per il rapporto d’amore: quella che riguarda gli aspetti “core” del partner, il suo modo di essere. Per esempio: “Sei in ritardo perchè non ti curi di me”. Tutti facciamo degli errori, ma in questo caso sta tutto in come l’errore viene interpretato. Nella peggiore delle ipotesi, la critica ha l’implicazione che l’altra persona è cattiva o sbagliata ad un livello più profondo. Critiche ripetute che colpiscono al cuore il modo di essere dell’altra persona sono il segnale che la fine della relazione è vicina.

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comunicate la vostra preoccupazione e fate una richiesta:“Mi annoio, facciamo una partita a carte”, invece che dire: “mi stai ignorando, sei egoista!

2. DISPREZZARE disprezzo

Gottman ha indicato il disprezzo per il proprio partner come il più potente singolo predittore di divorzio. Il disprezzo può comportare sarcasmo, insulti, imitazione dell’altro e anche l’atto di strabuzzare gli occhi davanti a quanto fatto o detto dal partner. Qualunque sia la forma che assume, il disprezzo fa sentire l’altra persona senza valore. (Il disprezzo è anche un male per la salute: Gottman ha rilevato che le coppie che tendevano a disprezzarsi a vicenda soffrivano maggiormente di malattie fisiche come raffreddori e influenza)

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costruite il rispetto apprezzando il positivo. Ad esempio, quando il partner canticchia qualcosa in maniera discutibile, pensate “Amo i tuoi gusti musicali” piuttosto che “Il suono della tua voce mi fa venire voglia di vomitare”

3. STARE SULLA DIFENSIVA: difensiva

Stare sulla difensiva significa cercare costantemente scuse per i propri errori e per le proprie mancanze. Nonostante sia un atteggiamento che viene quasi automatico, quando diventa un tema persistente in un rapporto può segnalarne la fine. (…) Dopotutto, essere una coppia significa anche essere una squadra e sostenersi a vicenda. (…)

IN ALTERNATIVA:  Responsabilità1invece che reagire ad un errore, ad esempio, con un “No, non ho pagato la bolletta del gas perchè tu ti sei dimenticato di ricordarmelo!!”, prendete la vostra parte di responsabilità e suggerite una soluzione, ad esempio: “Avrei dovuto farci più attenzione, andiamo a farlo ora”

4. FARE OSTRUZIONISMO

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L’ostruzionismo è quell’atteggiamento per cui una persona solleva metaforicamente il ponte levatoio e interrompe la comunicazione. Davanti alla comunicazione del partner, non ci sono cenni di incoraggiamento, tentativi di entrare in empatia, di rispondere o capire. E’ come parlare con un muro di mattoni. Spesso l’ostruzionismo può essere l’esito di un periodo prolungato di critiche, disprezzo, atteggiamenti difensivi. Può essere percepito come l’unica reazione possibile ad una situazione critica, ma interrompere la comunicazione non risolverà i problemi del rapporto.

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parlate, muovetevi, rispondete, fate qualcosa!! ma NON ponetevi come un muro di mattoni.

Stili Educativi E Tipi di Attaccamento

rappresentazioni mentaliRappresentazioni mentali:

– Le prime forme di attaccamento avvengono nei primi rapporti con il mondo circostante, formando dei quadri di riferimento, cioè delle rappresentazioni mentali del mondo.

– La figura di attaccamento è la persona che si prende cura del bambino e rappresenta la sua base sicura.

– L’attaccamento si sviluppa nei primi 9 mesi di vita e termina intorno al terzo anno di età.

– Il modo in cui ci si prende cura del bambino gli permetterà di imparare il modo con il quale esplorerà ed apprenderà.

Lo stile educativo adottato dai genitori influisce sullo sviluppo dei figli.

Per stile educativo si intende quell’insieme di atteggiamenti che il padre e la madre manifestano nei confronti dei figli che creano il clima emotivo nel quale i genitori attuano i priopri comportamenti specifici, volti ad ottenere determinati risultati educativi.

Ogni genitore si rapporta con il proprio figlio secondo uno stile educativo preferito, nella gran parte dei casi in modo assolutamente inconsapevole ed istintivo. Questo stile educativo influisce in particolar modo sullo sviluppo di un positivo senso di sè e delle competenze personali dei figli.

STILE AUTORITARIO: stile autoritario

I genitori con uno stile autoritario sono guidati da principi molto rigidi, impongono le regole ai propri figli senza fornire alcuna spiegazione, alzano spesso la voce e perdono la pazienza, non accettano di essere contarddetti, a meno di severe punizioni. Esercitano un eccessivo controllo sul comportamento dei figli, indipendentemente dall’età e dal contesto in cui si trovano. Si dimostrano scarsamente affettuosi, apparendo distanti e a volte freddi.

STILE PERMISSIVO/LASSISTA: 

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I genitori permissivi esigono poco dai figli, hanno difficoltà ad imporre delle regole e a farle rispettare qualora ci siano. Lasciano il bambino libero di esprimere i priopri bisogni ma anche di autoregolarsi, senza alcun limite. Non esercitano alcun controllo sulla vita dei figli, né durante l’infanzia né dopo. Sono affettuosi, accettanti e pieni di attenzioni, estremamente tolleranti nei confronti dei comportamenti, richieste e desideri del bambino. Il livello comunicativo è buono o molto buono. Questi genitori richiedono raramente comportamenti maturi ai propri figli, e tendono a soddisfare tutte le loro richieste.

Questo stile educativo non produce risultati migliori rispetto al precedente. Generalmente la mancanza di regole provoca confusione, disorientamento e angosce nei minori. Questi ultimi, in assenza di un’autorità genitoriale, non percepiscono punti di riferimento e una guida sicura, per cui potrebbero sperimentare un falso senso di onnipotenza, da cui possono derivare notevoli problemi nelle relazioni sociali e nell’inserimento in gruppi amicali, soprattutto durante l’adolescenza, in cui possono manifestarsi comportamenti di tipo antisociale.

STILE AUTOREVOLE: stili-educativi

I genitori autorevoli stabiliscono delle regole chiare e coerenti per i propri figli e pongono loro dei limiti laddove ce ne fosse bisogno. Ascoltano le richieste e le domande di chiarificazione dei figli, sono interessati alla loro opinione e disponibili alla negoziazione. Spiegano il perchè di eventuali divieti o obbligazioni. La comunicazione tra genitore e figlio è efficace.

I genitori sono affettuosi e caldi. Ai figli vengono richiesti comportamenti maturi e appropriati alla loro età.

è altamente probabile che, in tale clima familiare, i minori sviluppino buoni livelli di autostima e fiducia in se stessi, autonomia, maturità e competenza affettiva e sociale. Sono rispettosi delle regole ma non le seguono passivamente, le interiorizzano e le fanno proprie.

Tale stile educativo incoraggia il bambino ad essere autonomo dai genitori e, soprattutto, a sviluppare la sua personalità.

Questi bambini avranno minori difficoltà di relazione con i coetanei e saranno più competenti nell’esprimere e portare avanti le proprie idee. Questo è lo stile educativo più consono ad una buona educazione del bambino.

I genitori spesso non aderiscono ad un unico stile educativo e si ritrovano a variare combinando diversi atteggiamenti in base alle situazioni e circostanze. L’importante è riuscire a mantenere una certa coerenza verso il bambino e accettare di non essere perfetti! Si può sbagliare! L’importante è ammettere l’errore con se stessi e con i propri figli.

Questi sono i principali stili educativi ma ve ne sono altri ovvero:

– lo stile trascurante, e

– lo stile iperprotettivo.

Bisogna allenarsi ed imparare ad essere:

– DEMOCRATICI,

– AUTOREVOLI  e

– ASSERTIVI ( tenere conto del punto di vista dell’altro, si cerca di trovare insieme un compromesso al fine di salvaguardare il rapporto/la relazione ).

e non:

– PASSIVI,

– AGGRESSIVI,

– PERMISSIVI,

– TRASCURANTI,

– IPERPROTTETTIVI o

– AUTORITARI

Essere:

AUTORITARIO, AUTOREVOLE, PERMISSIVO o IPERPROTETTIVO rappresenta uno o più stili educativi che si possono utilizzare;

essere:

PASSIVO, AGGRESSIVO O ASSERTIVO rappresenta la modalità comunicativa utilizzata in una determinata circostanza.

La maggior parte delle volte si usano diversi tipi di modalità comunicative in base alle circostanze.

Anche per quanto riguarda gli stili educativi spesso, se ne usano diversi in base alle circostanze: ma quello prevalente è uno solo, in base alla personalità, quindi alle esperienze e al carattere della persona!