Dipendenza dalla tecnologia

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Secondo una nuova ricerca dell’Università della Virginia e Harvard, molte persone farebbero qualunque cosa pur di non rimanere sole con i propri pensieri. E se il termine “qualunque cosa” vi sembra esagerato sappiate che c’è chi è arrivato a preferire di auto-somministrarsi scosse elettriche piuttosto che fare i conti con sé stesso.

I ricercatori hanno condotto una serie di studi che hanno coinvolto quasi 300 uomini e donne, di età compresa 18 e 77 anni. I partecipanti sono stati invitati a sedersi da soli in una stanza per 15 minuti, lontano da telefoni cellulari e altre distrazioni, con la sola compagnia dei propri pensieri.

Come hanno reagito al tu per tu con sé stessi? In media, la maggior parte dei soggetti ha dichiarato di non amare affatto non avere nulla da fare. E questo effetto è stato trovato in tutte le età.

Ma fino a che punto la gente desidera evitare di passare del tempo senza occuparsi di qualcosa? Per scoprirlo, i ricercatori hanno dato la possibilità a 42 uomini e donne di “intrattenersi” per 15 minuti auto-somministrandosi delle scosse elettriche: abbastanza sorprendentemente, il 67 per cento degli uomini e il 25 per cento delle donne ha deciso di farlo!

Cosa spiega questa decisione?

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L’ipotesi dei ricercatori è che la mente umana si è evoluta nella relazione con il mondo esterno, nella necessità di essere vigile per affrontare i pericoli esterni e cogliere opportunità; questo impegno nei confronti dell’esterno è prioritario, anche a prezzo del dolore fisico.

Inoltre la nostra crescente dipendenza dalla tecnologia allontana la noia, ma potrebbe esacerbare l’effetto del nostro impegno nei confronti dell’esterno. “Cerchiamo la tecnologia perché intrattenerci solo con i nostri pensieri ci è difficile, e la tecnologia è un’alternativa facilmente disponibile”, sostengono i ricercatori.

Questo però causa l’instaurarsi di un circolo vizioso per il quale, sempre meno abituati a stare soli con i nostri pensieri, finiamo per trovarlo sempre più difficile e meno piacevole rispetto alla stimolazione proveniente dall’esterno e quindi ad evitarlo con ogni mezzo a disposizione.

In futuro i ricercatori vogliono scoprire se aiutare le persone a familiarizzare con i propri pensieri, per esempio con un vero e proprio training di formazione, possa essere utile affinchè imparino ad usarlo come meccanismo di coping, o se possa loro servire ad aumentare il benessere a lungo termine e la produttività.