Costruiamo l’autostima dei nostri ragazzi!

Sempre più spesso i bambini vengono giudicati e “torturati” psicologicamente.

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La tortura non è solo quella fisica, ma anche quella psicologica.

Viviamo in una società molto superficiale, dove i tempi frenetici e la poca pazienza che abbiamo nei confronti dei nostri bambini e delle nostre bambine, ci spingono a conclusioni affrettate sulle loro potenzialità e capacità cognitive.

Troppo spesso i genitori mi portano i loro figli emotivamente avviliti, psicologicamente affranti, demotivati e senza più la minima autostima di se stessi. Arrivano quando il figlio o la figlia ha difficoltà nello studio, trascorre tutto il tempo a giocare con videogiochi, e va malvolentieri a scuola.

Arrivano dicendo che l’insegnante gli ha detto che sicuramente ha qualche problema, e quando arrivano da me hanno già fatto percorsi con il logopedista e il più delle volte, il medico, gli ha certificato un ritardo nell’apprendimento.

Ma il più delle volte i bambini o i ragazzi, recuperano nel giro di un anno scolastico tutte le carenze!

Bisognerebbe domandarsi come possono reagire i ragazzi a queste problematiche non vere sulla loro capacità di apprendimento. Bisognerebbe chiedersi cosa provano? Come si sentono?

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Spesso tutto questo porta sentirsi inferiori, a pensare di essere diversi, stupidi, non capaci come i loro compagni di classe. La psiche lentamente cambia. Si perde l’autostima, se diventa tristi, paurosi e a scuola non si rende più, non ci si sente capaci e ci si convince di non riuscire negli studi; ci si domanda perché continuare a studiare; perché continuare ad andare a scuola, a cosa serve…

Le conseguenze di tutto questo diventano ancora più gravi quando con l’aiuto di scuole private e insegnanti di sostegno si arriva a prendere l’agognato diploma.

Non si ha nessuna motivazione a sperimentare il mondo del lavoro, spesso per evitare ulteriori frustrazioni ci si isola in uno stile di vita che spesso porta alla depressione.

Trovo molto grave che alcuni insegnanti si sentano in diritto di fare diagnosi senza averne la competenza.

Trovo molto grave la connivenza di alcuni medici che devono trovare necessariamente un’anomalia in un bambino che ha solo bisogno di essere rispettato nei suoi tempi di apprendimento, mentre la loro diagnosi è basata su statistiche (vi ricordo che Albert Einstein ha mostrato la sua genialità solo all’università, risultando terribilmente carente in tutti i precedenti corsi di studi, soprattutto in matematica; e nonostante oggi si dica che fosse dislessico, niente e nessuno allora, fortunatamente, gli ha impedito di credere in se stesso e di diventare ciò che tutti noi conosciamo).

Troppo spesso i bambini non hanno bisogno di logopedisti o medici di qualsiasi genere, ma solo di una efficace didattica e di essere visti individualmente senza essere confrontati con le medie statistiche.

Ma è tutto un sistema di scarica barile: l’insegnante ai genitori, i genitori al medico, il medico al logopedista e il logopedista sul problema diagnosticato dal medico che purtroppo si può migliorare, ma non curare.

È sicuramente difficile seguire un bambino nella sua individualità quando si insegna in una classe pollaio, ma non è giusto che sia il bambino a pagarne le conseguenze.

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Trovo grave anche alcuni comportamenti genitoriali, non riuscire a trovare la pazienza di ascoltare i figli; che continuano ad imboccarli come se fossero sempre piccoli, senza svezzarli nel rapporto e nella loro continua e costante crescita di competenze.Questo è un errore grave, molto grave, perché non permette loro di crescere, di sviluppare indipendenza, di conquistarsi quel pezzettino di mondo a scuola, che solo a loro appartiene. Non avete voglia di seguire e capire i cambiamenti che la scuola li costringe a sviluppare, non avete la voglia di capire che il vero problema potrebbe essere nel rapporto con voi, con la maestra o con i compagni di classe. Perché è così: quasi sempre il problema scolastico ha le sue profonde radici nel rapporto umano.

Allora non distruggiamo la mente e la vitalità dei figli, troviamo il coraggio e l’umiltà di valutare i rapporti, di considerare quello che la maestra ha con vostro figlio o vostra figlia, prima ancora di intraprendere un percorso diagnostico, che in quanto tale, nella mente del bambino, riporta sempre e comunque a una malattia e quindi a una diversità dai compagni di scuola.

Non confondiamo le difficoltà didattiche e di rapporto con la scusa della malattia, una malattia che nessuno ha organicamente riscontrato e che si basa solo su statistiche. Eviteremo così di crescere bambini insicuri, ribelli, aggressivi, svogliati, tristi, spaventati e senza autostima.