Piacere per forza rende finti

Chi si preoccupa sempre di piacere agli altri teme di venire abbandonato: atteggiamento controproducente

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Fanno tutto quello che gli si chiede, dicono quello che si spera che dicano, sono sempre d’accordo con chi hanno di fronte e, in ogni caso, mai apertamente in disaccordo. Sembra che a loro vada bene tutto, che possano sopportare ogni cosa e che addirittura gli piaccia farlo. Sono arrabbiati? Sorridono. Sono delusi? Si mostrano soddisfatti. Sono occupatissimi? Si rendono disponibili a ogni richiesta. Sono i “compiacenti”, cioè persone che vivono dominate dalla paura di scontentare chiunque abbiano davanti. E che, con questo modo di fare, portano le relazioni – amicali, sentimentali e lavorative – verso un inevitabile fallimento. Un fallimento di cui non si spiegano le ragioni e che fanno una gran fatica ad accettare, perché convinte che la strategia del “non deludere” sia la migliore per far andare bene le cose. Siamo in molti – quasi tutti a dire il vero – a desiderare di piacere agli altri, al punto da rischiare a volte di snaturare ciò che siamo.

Paura dell’abbandono

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Chi più chi meno, tutti abbiamo imparato fin da piccoli che all’occorrenza si può indossare la maschera di “colui che non delude” per avere dei vantaggi. Chi non riesce mai a togliersela però ha una tale paura di deludere e di venire abbandonato che tutta la sua vita viene condizionata. Forse il comportamento dei genitori, e poi le prime esperienze di incontro con il mondo esterno, lo hanno convinto che, se non si contraddicono gli altri, si viene accettati o, quantomeno, non si viene puniti: si ottiene la loro clemenza. Fin da quando era piccolo, quindi, egli cerca di affermarsi nella realtà tentando di “tenere buono” l’interlocutore, temendo le sue reazioni: potrebbe non amarlo più, non accettarlo, non volerlo, ma anche “distruggerlo” con brutte parole e musi lunghi.

Una strategia fallimentare

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Chi vive così sacrifica la qualità della propria vita in cambio della sopravvivenza emotiva. Eppure può fare qualcosa di concreto per uscire da questa penosa situazione. In fondo si tratta di togliere una maschera che, a ben vedere, non ha mai dato risultati positivi. I partner, dopo averlo sfruttato ben bene, lo hanno accusato di falsità, di doppiogiochismo e – cosa paradossale, in apparenza, per chi si è adattato così tanto – di egoismo; gli amici gli si sono rivoltati contro o si sono sentiti raggirati; i colleghi lo vessano dopo averlo spremuto come un limone. Invece di parlare di ingratitudine degli altri occorre focalizzarsi sul fatto che, alla fine, tutti scoprono, o comunque percepiscono, la sua finzione. E non gliela perdonano. Quando oggi sente dire: “Potevi dirlo che non eri d’accordo!”, ebbene è vero: poteva dirlo. O, meglio: doveva.

Avrebbe dovuto affermare se stesso e sopportare la probabile reazione negativa dell’altro, visto che, alla fine, essa è comunque arrivata, ed è ben peggiore di quella che poteva essere all’inizio.

La finzione della bontà

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Chi fa di tutto per compiacere gli altri è convinto di essere una persona buona, molto buona, visto che si adatta ai loro bisogni e ciò gli fa pensare che, con tutta questa bontà, gli altri avranno pietà di lui e riconosceranno il suo “grande cuore”. Ma, a parte il fatto che gli altri non sanno niente dei sacrifici che ha fatto, egli, in realtà, non ha mai avuto il coraggio di immettere nelle relazioni la propria verità, le proprie vere idee, i propri desideri ed esigenze. E quindi non ha mai dato loro delle reali chance di riuscita. È su questo punto che occorre riflettere con molta attenzione. Se per motivi legati alla propria storia personale non si fornisce all’altro una conoscenza reale di sé, tutto sarà inquinato fin dall’inizio e ciò che si temeva – il “disastro” e l’abbandono – si realizzerà puntualmente. Se invece ci si farà conoscere per come si è, quel che accadrà sarà davvero quel che deve accadere. E la vita, per quanto impegnativa, potrà essere reale e appagante.

Smetti di adattarti alle scarpe strette o le dovrai portare sempre.

Riconosci le tue esigenze

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Più lo compiaci, più l’altro si abitua a vederti così: disponibile, malleabile e senza idee ed esigenze particolari. E gli va benissimo, quindi non accetterà cambiamenti. È a te però che non va bene. Perciò impegnati, fin dall’inizio di un rapporto, a dire ciò che pensi e a esprimere ciò di cui hai voglia o bisogno. Non accadrà niente di terribile.

Conosci meglio te stesso

A volte, a forza di adattarsi alle esigenze degli altri, si finisce per non sapere più quali sono le proprie. Orientati di più su di te, sulla tua interiorità. Dai più ascolto alle tue emozioni, ai tuoi pensieri. Essere più in contatto con essi ti aiuterà ad avere la risposta pronta per esprimerti al momento opportuno.

Inutile rinfacciare

Se ti adatti a tutto, anche senza che ti venga richiesto, lanci il messaggio che per te non c’è problema. Perciò è assurdo poi, quando ti senti disconosciuto, fare un elenco dei sacrifici fatti e degli sforzi profusi. Ciò farà apparire la tua bontà come interessata e, quindi, manipolatoria. Piuttosto seleziona meglio a cosa adattarti e a che cosa no, così da non sentirti in credito con tutti.

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