Attacchi di Panico

Gli Attacchi di Panico sono una condizione psicologica che ha visto una rapida diffusione negli ultimi decenni. Una loro caratteristica essenziale, è costituita da un preciso periodo di intensa paura o disagio: difatti, l’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in dieci minuti) ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente. Gli attacchi di panico, inoltre, sono caratterizzati da una serie di sintomi psichici e fisici come l’ansia, la paura di perdere il controllo oppure quella di morire, le palpitazioni, la difficoltà di respirazione o “nodo alla gola“, la nausea, i disturbi addominali, le sensazioni di formicolio o di torpore.

panico

In base alle differenti relazioni tra l’esordio dell’attacco di panico e la presenza o assenza di fattori scatenanti situazionali, esistono tre tipologie caratteristiche di attacchi di panico: inaspettati, causati dalla situazione e sensibili alla situazione. Gli attacchi di panico inaspettati sono quelli in cui la persona non associa l’esordio dell’attacco con un fattore scatenante situazionale specifico. Negli attacchi di panico causati dalla situazione, invece, la crisi si manifesta quasi invariabilmente durante l’esposizione o nell’attesa dello specifico stimolo o fattore scatenante situazionale. Negli attacchi di panicosensibili alla situazione, infine, gli attacchi hanno più probabilità di manifestarsi in seguito all’esposizione allo stimolo o al fattore scatenate situazionale, ma non sono invariabilmente associati con lo stimolo e non si manifestano necessariamente subito dopo l’esposizione.

pan

Alcune persone con disturbo da attacchi di panico, inoltre, soffrono anche di agorafobia, vale a dire la paura di rimanere intrappolati in un luogo o in una situazione dai quali la fuga può risultare difficile o molto imbarazzante oppure potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso in cui la persona venga colpito da una crisi improvvisa. Questo aspetto rappresenta certamente uno degli elementi più invalidanti degli attacchi di panico, poiché interferisce in maniera significativa con il regolare funzionamento sociale, lavorativo e familiare. Difatti, per eludere la paura si attuano condotte di evitamento di luoghi affollati o chiusi, oppure non si viaggia da soli o non si utilizzano mezzi di trasporto. Alcune persone, inoltre, possiedono un ideale raggio d’azione che delimita un confine al di là del quale non possono allontanarsi, tanto che talvolta diventa difficile anche l’uscire di casa. Infine, per quanto riguarda la diffusione degli attacchi di panico in base al genere, seppure le donne sono in numero maggiore, si è assistita negli ultimi anni ad una crescente incidenza anche tra la popolazione maschile.

QuadroAngoscia

Da un punto di vista psicologico, le cause degli attacchi di panico si possono ricercare tra le dinamiche fra la coscienza e i contenuti più profondi. Un atteggiamento sbagliato da parte della coscienza può suscitare una reazione che determina stati di confusione e panico. Su questa medesima impostazione si collocano le parole dello psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung, secondo il quale i problemi sorgono soltanto se agiscono esclusivamente in profondità e non li prendiamo nelle nostre mani in modo da dare loro una forma e una direzione precise: “Se eludiamo questo compito, essi ci trascinano a rimorchio e noi diventiamo le loro vittime: li si può paragonare a una slitta lanciata a grande velocità giù per una china coperta di neve, senza nessuno alla guida. Dobbiamo piantarci saldamente in testa alla slitta, con la briglia in mano, e non sedere dietro o, peggio, cercare di non salirci affatto, perché così facendo si finisce per essere presi dal panico“. Lo scopo di un lavoro psicologico, allora, è quello di riuscire a dare maggiore consapevolezza e chiarezza a tali contenuti, e di integrarli con equilibrio ed armonia all’interno della personalità globale.

Estate e tempo libero: come goderne

In estate i ritmi di vita rallentano. E’ proprio durante la stagione estiva che i problemi psicologici possono esplodere.

Al mare d'estate cm 40x50

L’arrivo del caldo per alcuni coincide con l’interruzione delle occupazioni abituali, ripetitive (a volte noiose), ma che per queste loro caratteristiche hanno un effetto rassicurante. Quando d’estate, queste vengono a mancare, il loro vuoto può essere colmato dal riemergere di “fantasmi” alla base di manifestazioni di ansia e depressione.

est

Il cambiamento dei ritmi di vita, una obbligata permanenza a casa, le partenze di amici e di familiari, la chiusura dei negozi di riferimento e i centri sociali obbligano la maggior parte degli anziani all’isolamento e solitudine. La casa può diventare un luogo di prigionia e nido per pensieri negativi che portano a disturbi di ansia e depressione.

Le vacanze vengono attese e desiderate perché si ha voglia di staccare la mente, di rilassarsi, di fare delle cose che da tempo non si ha avuto la possibilità realizzare.

Quando le ferie arrivano c’è chi le vive dedicandosi alle attività che preferisce: sport, lettura, viaggi, uscite fino a tarda notte, ozio. C’è invece chi riesce a rilassarsi per i primi due giorni e poi, ad un tratto si annoia o non riesce a godere del tempo libero, anzi non sa proprio come gestirlo. Qualcuno addirittura sta male, è insofferente, inizia ad agitarsi, a soffrire di insonnia, ansia e disturbi simili.

fin

La possibilità di dedicare più tempo a se stessi può essere un’arma a doppio taglio. Mentre nel periodo lavorativo si è troppo presi dalla routine quotidiana ed è molto facile “nascondere” ed evitare i problemi, durante le ferie, se non si è abbastanza impegnati le difficoltà possono venire a galla. Si può star male perché non si sa come impiegare il tempo libero. Durante l’anno spesso ci si concentra solo ed esclusivamente sul lavoro mettendolo al centro delle proprie giornate, e non si riesce a far nulla di piacevole.

Alcuni suggerimenti per evitare i disagi delle persone che passeranno il periodo estivo a casa:

  • Ogni mattina, quando vi alzate, preparatevi e vestitevi prendendovi cura di voi stessi;

  • Uscite la mattina presto o la sera quando il caldo non è opprimente;

  • Non abbandonate le consuetudini come comprare il giornale, bere un caffè fuori casa, fare delle passeggiate, anche se i vostri luoghi abituali sono chiusi;

  • Programmate il vostro tempo con occupazioni per voi gratificanti, che magari durante l’inverno non avete avuto la possibilità di svolgere;

  • Non poltrite passivamente di fronte al televisore;

  • Tenete i contatti con chi come voi è rimasto a casa ed organizzate degli incontri con loro;

  • Scoprite quali sono le attività di intrattenimento organizzate nel luogo in cui abitate. Queste potranno essere anche occasione per fare delle nuove conoscenze;

  • Tenete presente che tra qualche settimana tutto tornerà alla solita routine e forse rimpiangerete un po’ la tranquillità di questi giorni.

paris

Dedicare tempo a se stessi significa anche fermarsi a pensare e decidere cosa sia meglio per se. Bisognerebbe andare a recuperare i desideri di far qualcosa che non si è potuto fare e approfittare per farlo ora.

Si Potrebbero riprendere i contatti con persone che non si frequentano da un po’, fare un viaggio, dedicarsi a delle attività di gruppo. Insomma, inserirsi nuovamente in una rete sociale e gustarne tutti i piaceri che essa offre. Prendere l’abitudine di concedersi esperienze piacevoli, e concedersi degli spazi per se stessi.

Elaborazione del lutto: alcuni suggerimenti

lutto     Alcuni suggerimenti

1) Evitare di trascurarsi e lasciarsi andare, è importante prendersi cura di se stessi durante tutto il periodo di prostrazione.

2) Costruire una rete di sostegno è fondamentale per non sentirsi soli. Cercare di essere sostenuti e incoraggiati dalle persone più o meno importanti.

3) Vivere il dolore per mettere la morte nella dimensione corretta, che è il passato.

4) Creare dei tuoi rituali di separazione.

5) Concedersi qualche piacere al giorno.

Munchdanza

Quando è opportuno richiedere un aiuto psicologico?
Tutte le persone prima o poi si devono rapportare con l’esperienza della perdita di qualcosa di importante. Non solo la morte di persone a noi care, che è il prototipo di perdita, ma anche di un rapporto d’amore, d’amicizia, di un oggetto con particolare valore. Lo stesso crescere vuol dire un po’ anche morire, abbandonare una parte di se stessi per approdare a una nuova, cercando di integrare il meglio possibile gli aspetti vecchi con quelli nuovi.Sono queste delle perdite doppie: oltre alle persone care ci vediamo costretti a rinunciare a una parte di noi stessi, ci sentiamo più soli, diversi, smarriti.

Cottet_-_Deuil

Uno studio del 2004 di Bonanno, Wortman e Nesse dimostra chiaramente quanto siano diverse le forme di adattamento all’evento del lutto, suggerendo la necessità di abbandonare l’idea ingenua ma diffusa che la sua elaborazione proceda e si risolva in maniera lineare, passo dopo passo, per approdare invece a una concezione nella quale siano differenti i percorsi di negoziazione della perdita.

Alcuni soggetti sono dotati di buone strategie di adattamento. In questo caso l’elaborazione procede in maniera lineare.

Altre persone sono pieni di rimorsi per quello che hanno o non hanno fatto insieme alla persona che è venuta a mancare, e un sostegno psicologico può fornire loro un aiuto nell’elaborazione del lutto.

In alcuni casi, era presente una sofferenza ancora prima del lutto,   soffrivano di depressione marcata e la perdita ha poi aggravato lo stato delle cose.

In questo caso più che elaborare il lutto è consigliata una psicoterapia per curare la depressione.

Come ha spiegato Neimeyer nel suo libro “lesson of loss: A guide to coping”, la morte può sovvertire le nostre regole e organizzazioni di vita.

L’esperienza della perdita ci rimanda a una verità più grande, a un buco tra la nostra storia e l’esperienza, un divario tra noi e gli altri che cerchiamo di rendere più comprensibile. Ed è quando non ci sono parole per spiegare l’esperienza che il divario diventa maggiore.

Dieci errori comuni che oggi fanno i genitori

“Non è ciò che fai per i tuoi figli, ma ciò che hai insegnato loro a fare per se stessi, che li farà realizzare come esseri umani”. Ann Landers

genitori-e-figli-di-botero-300x271

I presidi dei college tendono a definire le matricole “tazze da tè”, per la loro fragilità di fronte a problemi della minima entità. La domanda che veniva posta era questa: “Può essere che schermando sin da piccoli i nostri ragazzi dall’infelicità stiamo finendo per privarli della felicità da adulti?”.

Ecco la risposta dello psichiatra Paul Bohn:

Molti genitori faranno qualsiasi cosa per evitare che i propri figli affrontino il benché minimo disagio, ansia o delusione… “Tutto ciò che sia men che piacevole”, col risultato che quando poi da adulti si trovano ad esperire i normali momenti di frustrazione della vita, allora si ritrovano a pensare che vi sia qualcosa di terribilmente sbagliato.

“Preparate vostro figlio alla strada, non la strada per vostro figlio”.

Kari Kubiszyn Kampakisha steso una lista dei dieci errori più comuni, compiuti più frequentemente dai genitori di oggi.

Errore Numero 10: La venerazione dei figli.

Molti di noi vivono all’interno di comunità che ruotano intorno al bambino. Cresciamo i nostri ragazzi all’interno di nuclei familiari bambino-centrici. Ai nostri figli, naturalmente, piace, perché le nostre vite ruotano intorno a loro. E nella maggioranza dei casi anche noi non dispiace, perché la loro felicità è la nostra. Ci appassiona fare le cose per loro, spendere per loro, e inondarli d’amore e di attenzioni.

Ma credo sia importante tenere a mente che i nostri figli sono fatti per essere amati, non venerati. E quando li mettiamo al centro dell’universo non facciamo altro che creare un falso idolo, snaturando qualcosa di buono. I nostri figli si sentiranno comunque amati, solo in un modo migliore, in un modo che mette l’altruismo davanti all’egoismo.

Errore Numero 9: La teoria del bambino perfetto.

Lo sento spesso dai professionisti a contatto coi bambini (assistenti, insegnanti, etc.): i genitori di oggi non vogliono sentire niente di negativo nei confronti dei loro ragazzi. Quando si sollevano dei dubbi o delle preoccupazioni, per quanto espressi con amore, la reazione istintiva è spesso quella di aggredire chi te lo fa notare.

La verità può far male, ma quando prestiamo ascolto con la mente e il cuore aperti, non possiamo che trarne beneficio. Potremo intervenire con largo anticipo, prima che una qualsiasi situazione sfugga di mano. Affrontare un bambino problematico è decisamente più facile di quanto non lo sia ricomporre un adulto caduto a pezzi.

Come ha osservato una psichiatra intervistata sul tema della depressione adolescenziale, giocare d’anticipo è essenziale perché può alterare la traiettoria della vita di un bambino. È per questo, dice, che trova appassionante la psichiatria infantile e adolescenziale perché i ragazzi sono resilienti, ed è molto più facile intervenire con successo quando sono giovani, invece che anni dopo, quando i problemi si sono protratti tanto da entrare a far parte della loro identità.

Errore Numero 8: La vita per conto dei figli.

B_001_cavallini_a_dondolo

I figli ci danno grandi soddisfazioni. E quando hanno successo, la cosa ci rende più felici che se fossimo stati noi a ottenerlo.

Ma quando siamo troppo coinvolti nelle loro vite, diventa difficile capire dove iniziamo noi e dove loro finiscono. E quando i figli diventano un nostro prolungamento, possiamo finire col vederli come la nostra seconda chance. D’un tratto, allora, tutto gira intorno a loro, più che intorno a noi. Ed ecco che la loro felicità inizia a confondersi con la nostra.

Errore Numero 7: L’aspirazione del migliore amico.

Una volta ho chiesto a un prete d’individuare l’errore più grave che vede nei genitori. Ci ha pensato su un attimo e mi ha risposto: “I genitori che non fanno i genitori. Quelli che non vogliono sporcarsi le mani”.

Come tutti, desidero che le mie figlie mi vogliano bene. Voglio che mi lodino e che mi apprezzino. Ma se faccio bene il mio lavoro, ci saranno volte in cui si arrabbieranno, e in cui non piacerò loro affatto. Alzeranno gli occhi al cielo, sbufferanno e si lamenteranno, e diranno che avrebbero preferito nascere in un’altra famiglia.

Cercare di essere il migliore amico di tuo figlio può solo finire per renderti più permissivo, spingendoti verso scelte dettate dalla disperazione, cioè dal timore di perderne l’approvazione. Quello non è amore; è un nostro bisogno.

Errore Numero 6: La competizione fra genitori.

Ogni genitore ha un lato competitivo. Per destare questo mostro basta che un altro genitore dia al proprio figlio un vantaggio a scapito del nostro.

Alle medie e al liceo di storie come questa ne sento parecchie, aneddoti d’amicizie infrante e tradimenti, dove una famiglia raggira l’altra. La mia impressione è che alla radice di tutto ci sia la paura. Temiamo che i nostri figli rimangano indietro. Abbiamo paura che, a meno che non ci si getti a capofitto nella pazzia, e non si faccia di tutto per aiutarli ad eccellere fin dall’inizio, resteranno mediocri per il resto delle loro vite.

Credo che i bambini abbiamo bisogno di lavorare duramente, e di capire che i tuoi sogni non vengono serviti su un piatto d’argento; che per ottenerli devi sudare e lottare. Ma quando trasmettiamo un messaggio del genere “vinci a ogni costo”, autorizzandoli a calpestare gli altri per passare avanti, perdiamo di vista la questione della personalità. Che potrà non sembrare importante nel corso dell’adolescenza, ma che negli adulti è tutto.

Errore Numero 5: Perdersi il bello dell’infanzia.

biberon

L’altro giorno ho trovato l’adesivo di una merendina alla fragola sul lavandino della cucina, che mi ha ricordato quando fortunata sia a condividere la casa con le piccole.

Un giorno non ci saranno più adesivi nel mio lavandino. Non ci saranno Barbie nella vasca da bagno, bambolotti sul letto o Mary Poppins nel lettore Dvd. Sulle finestre non ci saranno impronte appiccicose, e la mia casa sarà silenziosa, perché le mie figlie se ne staranno fuori in compagnia delle amiche, invece che nel nido con me.

Crescere dei bambini piccoli può essere un lavoro duro e monotono. A volte ti sfinisce tanto, fisicamente ed emotivamente, che ti piacerebbe fossero già cresciute, per renderti la vita più facile. Poi c’è quella curiosità di sapere come saranno quando saranno cresciuti. Quali passioni avranno? Da genitori ce lo auguriamo, perché capire su quali punti di forza insistere ci permette di orientarli nella giusta direzione.

Ma proiettandoci nel futuro, chiedendoci se quel talento per l’arte renderà tuo figlio un Picasso, o se la sua voce melodica la renderà una Taylor Swift, potremmo dimenticarci di godere dello splendore che abbiamo davanti a noi: i bebè nelle tutine footie, le favole della buonanotte, il solletico sul pancino e quelle risatine di gioia. Potremmo dimenticare di lasciare che i nostri figli siano piccoli, e di goderci quell’unica infanzia che viene loro offerta.

Le pressioni sui ragazzi iniziano fin troppo presto. Se davvero vogliamo che abbiano un vantaggio competitivo, dovremo proteggerli da queste pressioni. Dovremo lasciare che si divertano, e che crescano al loro ritmo, così che possano 1) esplorare i propri interessi senza timore di fallire e 2) così che non si brucino.

L’infanzia è il momento del gioco libero e della scoperta. Quando mettiamo fretta ai bambini, li derubiamo di un’età dell’innocenza alla quale non torneranno mai più.

Errore Numero 4: I figli che vuoi contro i figli che hai.

Da genitori abbiamo dei sogni per i nostri figli. Iniziano già quando siamo incinte, prima ancora di conoscere il genere del nascituro. Dentro di noi coltiviamo la segreta speranza che siano uguali a noi, solo più intelligenti e più dotati. Vogliamo essere i loro mentori, mettendo a frutto le nostre esperienze.

Ma l’ironia dell’esser genitori è che i nostri figli ribaltano tutti gli stampi. Ci arrivano sempre con inclinazioni impreviste. E il nostro mestiere è quello di capirne il verso giusto e prepararli in quella direzione. Imporre loro i nostri sogni non funzionerà. Solo quando li vedremo per ciò che sono potremo avere un impatto potente sulle loro vite.

Errore Numero 3: Dimenticare che i nostri fatti contano più delle nostre parole.

dipinto-famiglia

A volte quando le mie ragazze mi fanno una domanda, poi aggiungono: “Cerca di esser breve”. Il fatto è che mi conoscono bene, perché cerco sempre di infilarci una lezione di vita. Cerco di trasmettere saggezza, dimenticando come l’esempio conti più delle parole.

Il modo in cui affronto il rifiuto e l’avversità… in cui tratto amici ed estranei… che io mi lamenti o esalti il padre… queste cose le notano. E il modo in cui mi comporto dà loro il permesso di fare lo stesso.

Se voglio che i miei figli siano meravigliosi, dovrò puntare ad esserlo anch’io. Dovrò essere la persona che spero diventeranno.

Errore Numero 2: Il giudizio sui genitori degli altri e sui loro figli.

Per quanto possiamo non condividere il modo degli altri di esser genitore, non sta a noi giudicare. Nessuno al mondo è “del tutto buono” o “del tutto cattivo”; siamo tutti un miscuglio di entrambi, una comunità di peccatori in lotta ciascuno coi propri demoni.

Personalmente più è duro il periodo che attraverso, più sono tollerante nei confronti degli altri genitori. Quando mia figlia mi mette duramente alla prova, sarò più indulgente nei confronti di genitori che si trovano nella stessa barca. Quando la vita mi travolge, perdono gli errori degli altri, e lascio perdere.

Non puoi mai sapere che cosa stia passando l’altro, o quando sarai tu ad aver bisogno d’indulgenza. E anche se non possiamo controllare i giudizi che esprimiamo dentro di noi, possiamo contenerli cercando di comprendere la persona, invece di saltare a conclusioni.

Errore Numero 1: Sottovalutare la PERSONALITA’.

Se c’è una cosa che spero di non sbagliare con le mie piccole è il loro NOCCIOLO. La personalità, la fibra morale, la bussola interiore… sono queste le cose che pongono le basi di un futuro sano e felice. Importano più di qualsiasi voto o premio.

Nessuno è in grado di imporre una personalità ai proprio figli, e a 10 o 15 anni non importa più di tanto. I bambini cercano gratificazioni a breve termine, sta a noi come genitori vedere più lontano. Sappiamo che ciò che avrà importanza a 25, 30 e 40 anni non sarà quanto in là riusciranno a tirare il pallone, o se saranno cheerleader, ma il modo in cui tratteranno gli altri, e ciò che penseranno di loro stessi. Se vogliamo che la loro personalità si formi, la loro fiducia in se stessi, la loro forza e resilienza, allora dobbiamo lasciare che affrontino le avversità e assaggino l’orgoglio di chi, superandole, ne esce più forte di prima.

È duro veder fallire i propri figli, ma a volte dobbiamo farlo. A volte dobbiamo chiederci se intervenire sia nel loro interesse. Ci sono un milione di modi per amare un figlio, ma pur cercando di renderli felici, cerchiamo di restare coscienti del fatto che a volte il dolore a breve-termine è un guadagno a lungo-termine.

Semplice gelosia o patologia?

edvard-munch-gelosia_15

La gelosia è un fattore emotivo ambivalente caratterizzato da odio nei confronti della persona amata qualora questa sembri provare interesse per un altro individuo. Entro certi parametri la gelosia non va vissuta come disturbo psichico, il problema insorge quando la gelosia non è determinata da un’effettiva carenza di affetto ma di altri fattori.

La gelosia patologica gelosia pato

insorge anche quando non esistono rivali. Sono connesse a situazioni frustranti presenti e remote. Nell’individuo geloso patologico, tanto forti sono state le frustrazioni passate, tanto estrinseca la gelosia nel rapporto sentimentale.

Delitti Passionali: alivello comportamentale, si è riscontrato che la gelosia passionale può indurre la donna ad uccidere la propria rivale mentre l’uomo la propria amata.

Si può classificare la Gelosia Patologica in quattro Gruppi.

  • Gelosia Proiettiva:   protettivaEsiste un luogo comune che recita “chi tradisce è geloso”, ed è vero, vediamo insieme il perché: la gelosia patologica è una forma di “proiezione” per cui l’individuo geloso attribuisce alla persona che crede di amare le sue personali tendenze all’infedeltà.

  • Gelosia Per Complesso Edipico

  • complesso E’ un complesso non risolto per cui l’individuo proietta sulla persona che crede di amare un attaccamento morboso –geloso– che in realtà avrebbe col genitore. Si verifica uno spostamento dove il soggetto esprime un attaccamento morboso anche nei confronti del partner, quell’attaccamento che ha nei riguardi di un genitore.

  • Gelosia per Aggressività Modificata

  • aggressività Qui l’individuo è inibito ad un’aggressività indiretta, conferisce nel rapporto sentimentale tutte le sue frustrazioni; la gelosia infatti diventa un mezzo necessario per estrinsecare tutta la sua rabbia. A livello comportamentale, ci sono persone apparentemente tranquille che purtroppo diventano violenti dentro le mura domestiche.

  • Gelosia per sovracompensazione. 

  • Tiziano,_The_Miracle_of_the_Jealous_Husband Qui l’individuo compensa una frustrazione inibita dai legami affettivi (ad esempio gelosia verso un fratello minore o maggiore) con una frustrazione reattiva nel rapporto sentimentale. L’esempio classico è dato da un soggetto chiuso e dal temperamento timido, che nel rapporto sentimentale compensa con un atteggiamento fisicamente violento. Questi soggetti sentono il bisogno di usare violenza fisica e trovano nella gelosia il capro espiatorio. Associano il rapporto affettivo di odio/amore per il fratello, con quello ambivalente della gelosia sentimentale.

Ora sorge una domanda leggittima: E’ amore? Assolutamente no. Questi soggetti non sanno amare, riescono solo a distruggere e fare del male a chi gli sta accanto. Il punto è un altro, chi gli sta affianco, è una persona sana?

 

Paura di guarire.

Oggi voglio riprendere un articolo di Riza Psicosomatica.

La paura di guarire che genera ansia

 

ansia-sera

Sembra impossibile, eppure questo timore colpisce molte persone: si tratta di una forma di ansia particolare che rivela un tratto di immaturità facilmente superabile…

Si può aver paura di stare bene? Di tornare a essere forti e sani? Di affermarsi e aver successo? Sì, ed è più frequente di quanto si pensi. È una forma particolare di ansia, un po’ anticipatoria e un po’ da prestazione, per la quale una persona che razionalmente vuole certamente uscire da uno stato di malessere o di crisi si ritrova bloccata dall’idea stessa di raggiungere la meta. Questa persona si impegna per mettersi nella condizione di spiccare nuovamente il volo, ma al momento di fare il salto qualcosa la ferma e la fa ristagnare nella situazione in cui si trova. Ma ciò che crea questa ansia non è la meta in se stessa, quanto piuttosto le conseguenze che il suo raggiungimento implica, e cioè il timore di non riuscire a confermare il miglioramento ottenuto, di dover restare “a quei livelli” senza potersi concedere altre crisi o pause. A volte entra in gioco, oltre all’ansia, anche un altro fattore: la pigrizia. Non si ha voglia di fare “la fatica di vivere con pienezza”, di mettersi veramente in gioco, perché tutto sommato il malessere nel quale ci si trova offre l’opportunità di tirarsi indietro quando si vuole.

Una personalità…ancora in erba! adolescenza-inquieta-dipinto-di-anna-coppola

Questo schema, che emerge spesso in psicoterapia, rivela un tratto ancora adolescenziale della persona, in cui a una scarsa conoscenza delle proprie risorse si associano una grande paura del giudizio altrui, un’inconsapevole tendenza al perfezionismo e un senso di responsabilità verso se stessi piuttosto acerbo.  Questa paura di vivere può riguardare le situazioni più diverse: c’è chi teme di tornare a stare bene perché non avrà più scuse per sottrarsi a ciò che non gli piace, chi teme di raggiungere la felicità per paura di perderla, di vincere sul lavoro perché poi dovrà mantenere quello standard. È il terrore di farcela, si vorrebbe vincere solo quella volta e, per magia, non rischiare mai più di perdere, di essere giudicati, di cadere. Cosa ovviamente impossibile. Vincere questa paura ha un grande significato, perché non risolve solo la situazione specifica ma fa ripartire lo sviluppo psicologico della persona nella sua globalità. La maturità non è confermarsi “all’altezza”, ma affrontare la vita di volta in volta.

Le domande da farsi per uscirne

Diventare grandi adulta

Restare incagliati fra la voglia di farcela e la paura di riuscire crea un logorante attrito interiore. È il momento di scegliere se vivere veramente o soltanto sopravvivere. È meglio affrontare problemi nuovi e reali o ristagnare nel tepore del compromesso o del malessere conosciuto?

Largo alla curiosità

Non puoi sapere come sarà la vita, se ritornerai a star bene o ad avere pieno successo. Le ipotesi che fai oggi, basate sul tuo stato attuale di paura, non possono essere realistiche. La vita sorprende sempre e nulla è come lo immaginiamo prima. Sii curioso: hai solo da guadagnare.

Sciogli i tuoi nodi una volta per tutte

Alessandra-Cuccagna__I-NODI-SI-POSSONO-SCIOGLIERE_g

Se la tua resistenza a spiccare il volo è davvero molto forte, è possibile che il problema risieda in un grande timore di essere giudicato, anche da te stesso. La psicoterapia può aiutarti a comprendere come sciogliere questo nodo, che quasi sempre si è creato nell’infanzia o nell’adolescenza, e a sviluppare una maggiore determinazione

 

Paura di viaggiare: affrontare ansia e panico

paura di volare

La paura di viaggiare è più comune di quanto possiamo pensare. Con l’arrivo dell’estate e del momento delle vacanze molte persone potrebbero rinunciare a partire per via del loro timore di mettersi in viaggio. Si tratta di un disturbo associato all’agorafobia, che può portare ad evitare di salire su treni o aerei, recarsi al ristorante, mettersi in coda per i biglietti e tutte le situazioni tipiche di un viaggio.

L’agorafobia non indica più soltanto un generico timore degli spazi aperti, bensì tutte le situazioni in cui si ha la sensazione di poter restare intrappolati. Il disturbo più frequente in simili casi è dato dall’ansia anticipatoria, una vera e propria paura della paura.

panico

A soffrire della paura di viaggiare sono soprattutto le donne. Il primo attacco di panico o di ansia può scatenarsi all’improvviso, senza particolari segnali di avvertimento. In seguito i soggetti colpiti cercheranno di evitare le situazioni scatenanti. Vi può essere una sensazione di malessere che si presenta prima di compiere ciò che si teme, come frequentare luoghi affollati o mettersi in coda.

Gli attacchi di panico possono giungere, ad esempio, quando ci si trova alla guida in autostrada, oppure attraversando un ponte o un tunnel. Giramenti di testa, mancanza di respiro e palpitazioni possono essere alcuni dei segnali fisici con cui l’ansia si manifesta. Coloro che soffrono di paura di viaggiare cercheranno di evitare il più possibile le situazioni spiacevoli e di giustificare le proprie rinunce con spiegazioni razionali.

Come spiega l’esperto, nei soggetti che soffrono di attacchi di panico il malessere si può manifestare anche in situazioni non pericolose, come il viaggio. In queste persone vi sono delle alterazioni specifiche a livello del sistema nervoso, ad esempio con riferimento al locus ceruleus, da cui partono le proiezioni nervose dirette al cervelletto.

Così sorgono tremori e attacchi di panico. Altri segnali nervosi agiscono portando ad un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, conducendo alla tachicardia. E’ bene ricordare che gli attacchi di panico sono una condizione reversibile che può essere affrontata e risolta, ad esempio, con la psicoterapia. Supporto psicologico, esercizi di rilassamento e meditazione possono essere d’aiuto.


 

 

La ricetta per il divorzio? Criticare, disprezzare, stare sulla difensiva, fare ostruzionismo.

Da oltre 40 anni lo psicologo John Gottman strudia i rapporti di coppia, per identificare i comportamenti predittivi di una storia a lungo termine piuttosto che di un imminente divorzio. Secondo Gottman una coppia in cui prevalgono questi 4 elementi è candidata al divorzio in media dopo 6 anni dal matrimonio.

1 . CRITICARE CRITICARE

Lamentarsi a vicenda è una cosa normale e le coppie sposate lo fanno in modo particolare. Tuttavia, c’è uno specifico tipo di critica che Gottman ha identificato come distruttiva per il rapporto d’amore: quella che riguarda gli aspetti “core” del partner, il suo modo di essere. Per esempio: “Sei in ritardo perchè non ti curi di me”. Tutti facciamo degli errori, ma in questo caso sta tutto in come l’errore viene interpretato. Nella peggiore delle ipotesi, la critica ha l’implicazione che l’altra persona è cattiva o sbagliata ad un livello più profondo. Critiche ripetute che colpiscono al cuore il modo di essere dell’altra persona sono il segnale che la fine della relazione è vicina.

IN ALTERNATIVA:  Dog-Prince-Man-Woman

comunicate la vostra preoccupazione e fate una richiesta:“Mi annoio, facciamo una partita a carte”, invece che dire: “mi stai ignorando, sei egoista!

2. DISPREZZARE disprezzo

Gottman ha indicato il disprezzo per il proprio partner come il più potente singolo predittore di divorzio. Il disprezzo può comportare sarcasmo, insulti, imitazione dell’altro e anche l’atto di strabuzzare gli occhi davanti a quanto fatto o detto dal partner. Qualunque sia la forma che assume, il disprezzo fa sentire l’altra persona senza valore. (Il disprezzo è anche un male per la salute: Gottman ha rilevato che le coppie che tendevano a disprezzarsi a vicenda soffrivano maggiormente di malattie fisiche come raffreddori e influenza)

IN ALTERNATIVA: pensare-positivo-594x451

costruite il rispetto apprezzando il positivo. Ad esempio, quando il partner canticchia qualcosa in maniera discutibile, pensate “Amo i tuoi gusti musicali” piuttosto che “Il suono della tua voce mi fa venire voglia di vomitare”

3. STARE SULLA DIFENSIVA: difensiva

Stare sulla difensiva significa cercare costantemente scuse per i propri errori e per le proprie mancanze. Nonostante sia un atteggiamento che viene quasi automatico, quando diventa un tema persistente in un rapporto può segnalarne la fine. (…) Dopotutto, essere una coppia significa anche essere una squadra e sostenersi a vicenda. (…)

IN ALTERNATIVA:  Responsabilità1invece che reagire ad un errore, ad esempio, con un “No, non ho pagato la bolletta del gas perchè tu ti sei dimenticato di ricordarmelo!!”, prendete la vostra parte di responsabilità e suggerite una soluzione, ad esempio: “Avrei dovuto farci più attenzione, andiamo a farlo ora”

4. FARE OSTRUZIONISMO

ostr.

L’ostruzionismo è quell’atteggiamento per cui una persona solleva metaforicamente il ponte levatoio e interrompe la comunicazione. Davanti alla comunicazione del partner, non ci sono cenni di incoraggiamento, tentativi di entrare in empatia, di rispondere o capire. E’ come parlare con un muro di mattoni. Spesso l’ostruzionismo può essere l’esito di un periodo prolungato di critiche, disprezzo, atteggiamenti difensivi. Può essere percepito come l’unica reazione possibile ad una situazione critica, ma interrompere la comunicazione non risolverà i problemi del rapporto.

IN ALTERNATIVA: MURI DIPINTI A DOZZA - L'ANGELO fotografia

parlate, muovetevi, rispondete, fate qualcosa!! ma NON ponetevi come un muro di mattoni.

Psicostrategie

depressione-articolo

 

 

Immaginate di essere alla guida della vostra auto su una strada che non conoscete, ripida e piena di curve, immersa nella nebbia. Improvvisamente un veicolo sbuca dalla strada laterale a pochi metri da voi, troppo pochi perché riusciate a frenare in tempo. Il vostro piede è sul freno, premuto disperatamente al massimo, e l’auto inchioda, strisciando contro la fiancata dell’ altra vettura. Proprio prima che le lamiere si incastrino e i vetri esplodano andando in frantumi, vi rendete conto che l’altro veicolo è pieno di bambini… dev’essere il piccolo pullman che li porta all’asilo… Poi, nell’improvviso silenzio che segue la collisione, si leva un coro di pianti. Correte a vedere, e vi accorgete che uno dei bambini giace a terra immobile.

 

 

Siete travolti dal rimorso e dalla disperazione

Richard Wenzlaff, psicologo della Texas University, usò nei suoi esperimenti scenari laceranti come questo per sconvolgere i volontari che dovevano poi cercare di levarsi dalla mente la scena mentre, per nove minuti, scrivevano appunti sul proprio flusso di pensieri. Ogni volta che, mentre stavano scrivendo, la loro mente finiva sulle scenario poco prima descritto, facevano un segno sul foglio. Col tempo, la maggior parte dei volontari pensava sempre di meno alla scena: i soggetti più depressi, però, via via che il tempo passava, mostravano invece un accentuato aumento di pensieri molesti centrati sulla scena in questione, e arrivavano perfino a riferirsi ad essa in modo implicito in quegli stessi pensieri che avrebbero dovuto distrarli.

Ma non basta: i volontari inclini alla depressione cercavano di distrarsi ricorrendo ad altri pensieri tormentosi. Wenzlaff sosteneva che i pensieri venissero associati nella mente non solo in base al loro contenuto, ma a seconda dello stato d’animo. I soggetti depressi tendevano a creare reti di associazioni molto potenti fra questi pensieri che perciò, una volta evocato un certo stato d’animo negativo, erano più difficili da sopprimere. Paradossalmente, i pazienti depressi sembravano usare argomenti deprimenti per liberarsi la mente da un altro pensiero pure deprimente, il che non faceva che suscitare in loro emozioni sempre più negative.

index

Liberarsi dei pensieri tristi

Per alcuni, farsi un bel pianto potrebbe essere un modo naturale per abbassare i livelli delle sostanze chimiche che innescano la sofferenza a livello celebrale. Sebbene il pianto possa a volte interrompere un attacco di tristezza, esso può anche lasciare l’individuo ossessionato sui motivi della disperazione. Le distrazioni spezzano la catena dei pensieri che perpetuano e alimentano la tristezza; una delle principali teorie per spiegare l’efficacia della terapia elettroconvulsiva nelle depressioni più gravi è che essa causa una perdita della memoria a breve termine; in altre parole i pazienti si sentono meglio perchè non riescono più a ricordare i motivi della loro tristezza.

Strategie più efficaci per tirarsi sù di morale

  • Distrarsi puzzle

Dianne Tice, psicologa dell’università di Princeton, constatò che molte persone riferivano di liberarsi da una leggera tristezza ricorrendo a distrazioni come la lettura, la televisione e il cinema, i videogiochi e i puzzle; altri ancora dormivano o sognavano ad occhi aperti, ad esempio programmando una vacanza immaginaria.

  • Muoversi  movimento autentico-l

La ginnastica aerobica è una della tattiche più efficaci per dissipare una leggera depressione, come pure altri stati d’animo negativi. L’attività fisica sembra essere efficace perchè modifica lo stato fisiologico causato dallo stato d’animo negativo: la depressione è caratterizzata da un basso grado di attivazione fisiologica e la ginnastica aerobica pone invece l’organismo in uno stato di forte attivazione.

  • Vincere facile vincere

Una tecnica molto costruttiva, secondo Dianne Tice, è quella di prepararsi un piccolo trionfo o un facile successo: affrontare un lavoro di casa a lungo rimandato o sbrigare qualche altra incombenza della quale si desidera liberarsi. Per lo stesso motivo, tutto quanto contribuisce a migliorare l’immagine di sé ha un effetto rasserenante, anche se si tratta solo di vestirsi bene e e di truccarsi.

  • Un altro punto di vista

another_982340_2110916

Uno degli antidoti più potenti contro la depressione- e al di fuori della terapia- tra quelli meno usati, è il cosiddetto reinquadramento cognitivo, ossia il cercare di considerare la situazione in modo diverso. E’ naturale essere tristi per la fine di una relazione e indugiare nell’autocommiserazione ma un buon antidoto contro la tristezza consiste nel fare un passo indietro e pensare a tutte le cose che non andavano del vostro rapporto. In altre parole, l’antidoto sta nel vedere la perdita in modo diverso, sotto una luce più positiva.

  • Prestare aiuto mondo

Un’ altra strategia efficace per sollevare il morale è quella di aiutare le altre persone in difficoltà. Poiché la depressione è alimentata da pensieri e preoccupazioni riferiti al sé, nel momento stesso in cui empatizziamo con altre persone sofferenti e le aiutiamo, ci sentiamo sollevati. La Tice rilevò che l’intraprendere un’attività di volontariato, qualsiasi essa sia, si rivelò uno dei migliori modi per modificare il proprio stato d’animo; era anche, però, uno dei più rari.

Stili Educativi E Tipi di Attaccamento

rappresentazioni mentaliRappresentazioni mentali:

– Le prime forme di attaccamento avvengono nei primi rapporti con il mondo circostante, formando dei quadri di riferimento, cioè delle rappresentazioni mentali del mondo.

– La figura di attaccamento è la persona che si prende cura del bambino e rappresenta la sua base sicura.

– L’attaccamento si sviluppa nei primi 9 mesi di vita e termina intorno al terzo anno di età.

– Il modo in cui ci si prende cura del bambino gli permetterà di imparare il modo con il quale esplorerà ed apprenderà.

Lo stile educativo adottato dai genitori influisce sullo sviluppo dei figli.

Per stile educativo si intende quell’insieme di atteggiamenti che il padre e la madre manifestano nei confronti dei figli che creano il clima emotivo nel quale i genitori attuano i priopri comportamenti specifici, volti ad ottenere determinati risultati educativi.

Ogni genitore si rapporta con il proprio figlio secondo uno stile educativo preferito, nella gran parte dei casi in modo assolutamente inconsapevole ed istintivo. Questo stile educativo influisce in particolar modo sullo sviluppo di un positivo senso di sè e delle competenze personali dei figli.

STILE AUTORITARIO: stile autoritario

I genitori con uno stile autoritario sono guidati da principi molto rigidi, impongono le regole ai propri figli senza fornire alcuna spiegazione, alzano spesso la voce e perdono la pazienza, non accettano di essere contarddetti, a meno di severe punizioni. Esercitano un eccessivo controllo sul comportamento dei figli, indipendentemente dall’età e dal contesto in cui si trovano. Si dimostrano scarsamente affettuosi, apparendo distanti e a volte freddi.

STILE PERMISSIVO/LASSISTA: 

bambini-attivi

I genitori permissivi esigono poco dai figli, hanno difficoltà ad imporre delle regole e a farle rispettare qualora ci siano. Lasciano il bambino libero di esprimere i priopri bisogni ma anche di autoregolarsi, senza alcun limite. Non esercitano alcun controllo sulla vita dei figli, né durante l’infanzia né dopo. Sono affettuosi, accettanti e pieni di attenzioni, estremamente tolleranti nei confronti dei comportamenti, richieste e desideri del bambino. Il livello comunicativo è buono o molto buono. Questi genitori richiedono raramente comportamenti maturi ai propri figli, e tendono a soddisfare tutte le loro richieste.

Questo stile educativo non produce risultati migliori rispetto al precedente. Generalmente la mancanza di regole provoca confusione, disorientamento e angosce nei minori. Questi ultimi, in assenza di un’autorità genitoriale, non percepiscono punti di riferimento e una guida sicura, per cui potrebbero sperimentare un falso senso di onnipotenza, da cui possono derivare notevoli problemi nelle relazioni sociali e nell’inserimento in gruppi amicali, soprattutto durante l’adolescenza, in cui possono manifestarsi comportamenti di tipo antisociale.

STILE AUTOREVOLE: stili-educativi

I genitori autorevoli stabiliscono delle regole chiare e coerenti per i propri figli e pongono loro dei limiti laddove ce ne fosse bisogno. Ascoltano le richieste e le domande di chiarificazione dei figli, sono interessati alla loro opinione e disponibili alla negoziazione. Spiegano il perchè di eventuali divieti o obbligazioni. La comunicazione tra genitore e figlio è efficace.

I genitori sono affettuosi e caldi. Ai figli vengono richiesti comportamenti maturi e appropriati alla loro età.

è altamente probabile che, in tale clima familiare, i minori sviluppino buoni livelli di autostima e fiducia in se stessi, autonomia, maturità e competenza affettiva e sociale. Sono rispettosi delle regole ma non le seguono passivamente, le interiorizzano e le fanno proprie.

Tale stile educativo incoraggia il bambino ad essere autonomo dai genitori e, soprattutto, a sviluppare la sua personalità.

Questi bambini avranno minori difficoltà di relazione con i coetanei e saranno più competenti nell’esprimere e portare avanti le proprie idee. Questo è lo stile educativo più consono ad una buona educazione del bambino.

I genitori spesso non aderiscono ad un unico stile educativo e si ritrovano a variare combinando diversi atteggiamenti in base alle situazioni e circostanze. L’importante è riuscire a mantenere una certa coerenza verso il bambino e accettare di non essere perfetti! Si può sbagliare! L’importante è ammettere l’errore con se stessi e con i propri figli.

Questi sono i principali stili educativi ma ve ne sono altri ovvero:

– lo stile trascurante, e

– lo stile iperprotettivo.

Bisogna allenarsi ed imparare ad essere:

– DEMOCRATICI,

– AUTOREVOLI  e

– ASSERTIVI ( tenere conto del punto di vista dell’altro, si cerca di trovare insieme un compromesso al fine di salvaguardare il rapporto/la relazione ).

e non:

– PASSIVI,

– AGGRESSIVI,

– PERMISSIVI,

– TRASCURANTI,

– IPERPROTTETTIVI o

– AUTORITARI

Essere:

AUTORITARIO, AUTOREVOLE, PERMISSIVO o IPERPROTETTIVO rappresenta uno o più stili educativi che si possono utilizzare;

essere:

PASSIVO, AGGRESSIVO O ASSERTIVO rappresenta la modalità comunicativa utilizzata in una determinata circostanza.

La maggior parte delle volte si usano diversi tipi di modalità comunicative in base alle circostanze.

Anche per quanto riguarda gli stili educativi spesso, se ne usano diversi in base alle circostanze: ma quello prevalente è uno solo, in base alla personalità, quindi alle esperienze e al carattere della persona!

Il miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa; il secondo miglior momento è ora